La calma tempesta: personale di Guido Poggiani al circolo dell’arte Caro 17-25 aprile 2010-04-21

Le opere di Guido Poggiani trasmettono subito una particolare atmosfera che ci fa immergere in un’armonia di allitterazioni del blu!
Una forte espansione di questa cromia che è quella del cielo, del mare ma, e soprattutto della forza interiore della spiritualità, una particolare tipologia di bellezza, Platone avrebbe detto “il bello è lo splendore del vero”…

Quando Modugno diceva “mi dipingevo le mani e la faccia di blu, poi d’improvviso venivo dal vento rapito e incominciavo a volare nel cielo infinito…” E’ in pratica la messa in atto di questa dimensione artistica dove Guido si lascia volare nell’incanto di questo cielo che si riflette nel mare, il mare come metafora di spazio infinito, di libertà, di sogno, di viaggio… viaggio come allegoria di un’epopea epica per trovarsi poi come Ismaele, il protagonista di Moby Dick di Herman Melville… o come Gulliver, o anche Robinson Crusoe… e poi ancora… poi nel battello ebbro di Rimbaud…

Ampie distese di serenità, di mare, di velieri e pesci e gabbiani e conchiglie, vento, evasione e infinito… e favole mitologiche… dove il grande dio Poseidone intesse… variegate storie d’amore…

Entriamo in queste atmosfere… un giorno Gibran scrisse “ho conosciuto il mare meditando su una goccia di rugiada” e poi? … ecco un bambino sul litorale tirreno tra Civitavecchia e Tarquinia, di buon mattino…e raccoglie, con una conchiglia, l’acqua del mare per riempire una buca fatta nella sabbia… ed ecco arrivare Sant’Agostino che passeggiava nella calma dei suoi pensieri sulla costa, chiese al piccolo “che fai piccolo?” “Voglio svuotare il mare e metterlo in questa buca” rispose il bambino… “Ma non vedi che è impossibile, il mare è così grande e la buca così piccola…” “Vescovo Agostino e come potrai tu, piccola creatura della terra, con la tua limitata intelligenza, comprendere il grande mistero della Trinità?” Detto ciò il piccolo scomparve, era un angelo del cielo… e con questa parabola notiamo che Sant’Agostino, il grande filosofo, indagatore del problema del bene e del male (della calma e della tempesta) ci dona una verità: anche i sogni possono essere veri… la fede in essi non ha limiti… perché “quando si viaggia si vive e si rinasce ogni volta” (V. Hugo).
& e il libeccio, la brezza, il maestrale, le temerici ondeggianti come nelle ampie distese di “Fattoriana memoria” … ampie partiture di mare, di sapori marini… e poi ancora velieri, pesci… evasione verso l’infinito…

Ci viene spontaneo fare delle osservazioni: la calma tempesta che cos’è allora? Ebbene si, è la nostra esistenza, il nostro percorso, il divenire dell’uomo, il filosofo Bergson avrebbe detto “ pensa da uomo di azione e agisci da uomo di pensiero” … bellezza e follia insieme, Apollo e Dioniso, la dualità esistenziale e quindi il “logos” tanto caro al filosofo Eraclito. Il logos è armonia dei contrari e allora dove c’è la calma ci sarà la tempesta e viceversa!
Mosè sul monte Sinai ebbe da Dio le tavole della legge e in contemporanea gli spuntarono sulla testa due corna: le corna di luce sapienziale e cioè la capacità nell’uomo di saper discernere il bene dal male… decalcomanie di vita di vita, il quadro nel quadro di magrittiana memoria… sembrano la traduzione di alcuni versi di Baudelaire “ci sono tanti tipi di bellezza quanti sono i modi di cercare la felicità” … vediamo i delfini, sono l’emblema della tenerezza, amici dell’uomo e protagonisti di tanti miti… molti i racconti di Pusania in tal senso…
Secondo una leggenda, il patto di amicizia tra delfini e umani era suggerito dall’unione di Poseidone con Melanto, figlia di Deucalione alla quale il dio si era presentato sotto le sembianze di un delfino; per questo motivo il figlio fu chiamato Delfo… e poi fondò Delfi alle pendici del Parnaso…

Il delfino amante dei bambini, sensibile alla musica, compagno dei marinai ai quali preannuncia acque calme e rotte sicure, complice dei pescatori, caro agli Dei per cui la sua cattura è un sacrificio…
Al mito d Dioniso si collega un’altra spiegazione dell’amicizia tra delfini e umani: nel corso delle mille avventure e disgrazie subite per affermare il suo diritto alla vita eterna, Dioniso ebbe occasione di chiedere ad alcuni pirati di traghettarlo da Argo a Nasso, ma scoprì u complotto da costoro ordito per venderlo in schiavitù… per punirli trasformò i loro remi in serpenti, avviluppò la nave in una cortina di edera e la paralizzò con tralci di vite finché i pirati, impazziti, si gettarono in mare, venendo trasformati in delfini. Da allora essi sono amici degli uomini e si adoperano per salvarli dai flutti, come memoria del pentimento dei pirati da cui discendono.

Famoso anche il mito di Arione (musico greco come racconta Erodoto) … dove i delfini (accorsi al suono della cetra) portano in salvo, Arione appunto, gettato in mare da una nave dai marinai per depredarlo delle sue ricchezze… Delfini come simbolo quindi, della trasmigrazione dell’anima come appare in molte simbologie cristiane… una sorta di cavallo a dondolo di mare che ci porta in mondi di sogno, di gioco e di felicità…
Ecco Guido, maestro di “akribeia” e cioè di grande abilità pittorica e tecnica che dona ai suoi dipinti l’armonia del sogno con una ricerca minuziosa e assai ponderata, dove “il particolare” dona a tutto il messaggio la poesia di un luogo di suggestiva verità-sogno… Un grande artista che sul dorso di questi poetici destrieri marini, che sono i delfini-veliero naviga, naviga sfidando i venti ostili, alla conquista di un faro di luce, che tra la calma e la tempesta illumina l’amore per la vita.

CARO - Carlo Roccazzella Mastro di Storia dell'Arte

. . .Emozioni e Colori, tutto questo è nel turbinio dei colori dell'acqua che mescolano il cielo ed il soggetto. E' questa la sensazione immediata che ci viene trasmessa dalle opere che hanno tra loro un filo conduttore ben preciso, la passione dell' uomo per il mare, la natura, gli animali e l'avventura. Le scelte cromatiche che scaturiscono dalle opere dell'Artista sono sostenute da un'ottima impostazione dell'immagine, che ci trasmette con spensierata realtà ora emozioni e ricordi di un tempo, ora vigore e dinamismo odierno. Le barche, i suoi paesaggi e le sue figure godono di una sintesi grafica e di un elevato virtuosismo pittorico, senza dubbio nelle opere di Poggiani sono racchiuse sfumature del suo carattere e non solo, infatti di fronte ad un Artista capace, con una tecnica e ad un gusto tutto personale che lo identifica che lo mette in evidenza è difficile rimanere del tutto indifferenti. . .

G. Falossi


... il pittore Poggiani, visto dalla mia ottica si può definire come eclettico artista, osservando le diverse ricerche espressive da lui seguite, ma è riuscito a farci sorprendere con il suo iperealismo e a volte con una leggera surrealtà che lui ha voluto sposare in alcune opere con l'utilizzo dell'aerografo. Ma nel suo iperealismo non asfissiante o maniacale della perfezione ne è un esempio i Giganti o L'inseguimento, c'è il dinamismo plastico e l'intensità del movimento la tensione delle linee curve e spezzate. Altro esempio, e crea subito in noi una nuova problematica, sono le opere divise, ma sempre unite, ovvero l'espressione di vari soggetti di una immagine divisa tra loro, ma pur sempre uniti, così racchiusi in un'unica forma, e la continuità di diverse realtà focalizzate in un medesimo istante. E come non segnalare le sue grafiche mirate nell'ambito dei treni e dei mezzi tranviari, eseguiti con sapienza e delicata perfezione, soggetti passati e presenti. Nell'insieme un artista molto interessante nella forma e nei temi da lui trattati.

A. De Bono



Da molti anni Guido Poggiani si è messo sulle piste della realtà. Fin dal principio, credo, il suo scopo era quello di giungere, attraverso la pittura, ad una riproduzione della realtà in grado di emulare (e sconfiggere) la fotografia. Ma egli è un cacciatore astuto. Dietro quellasua faccia allegra e apparentemente ingenua si nasconde un artista scaltro, paziente, consapevole dei suoi limiti e della natura delle cose, capace di applicarsi con pazienza, con tenacia e con metodo ad un apprendistato lungo anni e anni. Così egli in tutto questo tempo ha osservato, dipinto, provato e riprovato, cercando il ritmo delle cose: il ritmo delle immagini e quello della sua mano. Cercando di afferrare e distinguere il momento in cui la mano, l'occhio, il pennello dovessero soffermarsi, e quando invece era opportuno scorrere via veloce. Il confronto continuo con l'arte fotografica in tutto ciò è stato certamente proficuo e fecondo, ma ancor più importante la capacità di Poggiani di sperimentare. Penso soprattutto a due serie di quadri in particolare: alla cosiddetta Serie - Pioggia e ai Tagliati. Ora la sapienza di tocco acquisita dopo anni di attenta e tenace esperienza si può ammirare in quadri come L'inseguimento, dove alla lenta precisione certosina del trattamento della schiuma in primo piano fa da contrappeso la rapidità corsiva dell'uso del chiaroscuro per tratteggiare i volti dell'equipaggio in secondo piano. Si, in questo come in altri quadri più recenti, Poggiani dimostra di aver compreso il ritmo delle cose che dipinge, delle immagini, delle sue immagini. Ma si tratta, io credo, solo di un punto di partenza.

Virgilio Patarini